Sì, una storia a tre, perché partorire insieme al mio compagno è stato il dono più grande.
Io e Jacopo abbiamo vissuto insieme il travaglio: siamo stati un tutt'uno. Certo il parto in casa è stata la condizione fondamentale perché questo potesse verificarsi. Le ostetriche erano con noi, presenze silenziose nella penombra.
La forza del mio travaglio, tre ore e mezza di energia sconvolgente, ci ha presi entrambi:
Jacopo ha respirato con me, mi ha sorretta, mi ha seguita, ha vissuto l'energia che mi passava attraverso, aiutandomi ad abbandonarmi ad essa. Durante le spinte, tra una contrazione e l'altra, cadevo assopita su di lui, per poi riemergere prima con il respiro e poi con tutto il corpo, stringendo le sue braccia.
Anche quando c'è stato un momento d'allerta (il battito di Emma era rallentato, la situazione di stallo si stava prolungando e le mie spinte sembravano inefficienti) ho sentito che Jacopo c'era e insieme alle ostetriche bastava per gestire la situazione: non c'è stata in me nessuna preoccupazione, solo la consapevolezza e l'impellenza fisica di 'lavorare' affinchè Emma nascesse.
Poi l'ultima spinta ed ecco la piccola: non ci sono parole per dirlo...
Noi tre, insieme, questo primo viaggio si è concluso: siamo esausti e gonfi d'amore.
Noi tre, insieme, questo primo viaggio si è concluso: siamo esausti e gonfi d'amore.
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