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sabato 9 giugno 2012

Consapevolezza è libertà


Ogni singola donna deve essere ascoltata, tutelata e rispettata a prescindere dalle sue scelte e dalla sue esperienza di gravidanza e parto. 
Non dovrebbero contare il luogo o le modalità di parto, quanto il fatto che la donna e la sua famiglia ricevano un'assistenza competente, aggiornata, rispettosa e indipendente, a favore dell'individuo e non dei protocolli sanitari. I protocolli troppo spesso servono a tutelare il personale medico e a uniformare le pratiche assistenziali e troppo spesso le donne e le loro famiglie sono costrette a piegarsi alle esigenze delle strutture sanitarie.  

Secondo Lorenzo Braibanti è "insostenibile la contraddizione tra modelli istituzionali di intervento sulla maternità e bisogni espressi dalla madre e dl neonato [...] Si può e si deve restituire alla natura (ovvero alla mamma, al compagno e al neonato) la pienezza di un'esperienza che si riappropria dei versanti emozionali, affettivi, sessuali della gravidanza e del parto, ritrovando i termini di intimità e di socializzazione che l'istituzione non può e non vuole assumere come rilevanti o primari".

Il parto, invece, è uno degli eventi della vita di cui troppo spesso si considerano di secondaria importanza gli aspetti emozionali. Non ha importanza dove si partorisce, ma ciò che fa la differenza è il COME.

Ciò che fa la differenza è il rispetto riservato alla fisiologia del travaglio e del parto. Fa la differenza quando il bisogno di intimità della donna (e del compagno) viene rispettato, quando l'emergere delle capacità istintuali di partorire non viene ostacolato. Ma se pensiamo alle sollecitazioni verbali a cui è sottoposta una donna in travaglio in ospedale, o al fatto che le donne travaglino in camerate comuni, tra un via vai di infermieri e medici, è evidente come la fisiologia del processo non venga in alcun modo rispettata e molto spesso ostacolata.
Ciò che fa la differenza è la possibilità del contatto pelle a pelle immediatamente dopo il parto, così importante per l'avvio dell'allattamento e per la promozione del legame madre-bambino. 

Ogni donna può essere protagonista della propria gravidanza e del proprio parto. Ogni donna può essere consapevole delle proprie risorse e delle proprie necessità. Ogni donna e ogni famiglia devono poter scegliere consapevolmente dove partorire e possono  non delegare la propria esperienza agli operatori sanitari. Ogni madre e ogni padre devono essere incoraggiati a esprimere le proprie competenze, a far emergere la propria autostima e sicurezza in vista del parto e dell'inizio della nuova vita insieme al bambino. Essere informati e consapevoli significa essere liberi.

Buon week end a tutti.


lunedì 4 giugno 2012

Dormire insieme


Stamattina  io e il mio compagno abbiamo riso ricordando la prima notte passata noi tre insieme. Emma è nata alle 22.30, le ostetriche ci hanno lasciati soli verso le 3.00. Siamo stati a contemplare il nostro cucciolo, increduli e gonfi di stupore, finché abbiamo deciso di andare a dormire. Tutti e tre insieme, nel nostro letto, perché non poteva essere diversamente. E abbiamo tenuto la luce accesa quella notte, per non smettere di vedere il nostro fagottino e perché non sparisse nel buio da dove era appena arrivato.

Da quella notte in poi abbiamo sempre dormito insieme. E non c'è risveglio migliore di quando apri gli occhi e tua figlia ti sorride, oppure ancora dorme e tu rimani lì incantata a guardarla, mentre sei abbracciata all'uomo che ami.

Buona settimana e buon risveglio a voi.


giovedì 31 maggio 2012

Frédérick Leboyer
































Lasciatelo stare. Lasciatelo fare. Lasciategli il tempo.
Il sole si alza forse di colpo?
Tra il giorno e la notte non indugia forse l'alba incerta e la lenta, maestosa gloria dell'aurora?
Lasciate alla nascita la sua lentezza e la sua gravità.

Frédérick Leboyer


venerdì 18 maggio 2012

Gravidanza e parto tra gli Mbuti




I cacciatori-raccoglitori mbuti vivono nella foresta pluviale di Ituri nella Repubblica Democratica del Congo. Per gli Mbuti il principio e la fine di tutto è la foresta. Il mondo degli Mbuti assomiglia a una 'sfera': il termine che essi usano per indicare la sfera è uno dei tanti con cui identificano l'utero. 

Il concepimento e il parto per le donne mbuti sono frutto dell'amore e della gioia, la gravidanza è vissuta con grande fiducia e il parto come un'avventura felicemente conclusa. Le donne mbuti partoriscono da sole o con un'amica e il caso di parti difficili è rarissimo.

Dopo i primi sintomi inequivocabili di gravidanza, la futura madre continua la sua vita quotidiana normale, quasi senza cambiamenti, fino al giorno del parto. Progressivamente, però, tende ad evitare quelle attività che la impegnerebbero troppo sul piano fisico e su quello emozionale. Durante gli ultimi mesi le donne hanno l'abitudine di andarsene da sole nella foresta a cantare la ninna-nanna al proprio figlio. Le madri mbuti infatti cominciano a trattare i propri figli come esseri intelligenti già tre o quattro mesi prima che vengano al mondo. Esse attribuiscono loro la medesima intelligenza degli adulti. Nelle ninne-nanne non vengono utilizzate cantilene di parole prive di senso, ma esse sono canti informativi e rassicuranti. In questo modo al nascituro che è ancora in grembo viene descritto sia il mondo fisico che quello sociale che a breve lo accoglierà. 

Nei giorni immediatamente precedenti al parto  la madre solitamente riduce quasi del tutto le proprie attività e, di norma, durante uno dei suoi solitari appuntamenti con la foresta, sceglie una liana da cui trarre l'ovatta nella quale sarà avvolto il figlio alla nascita. 
Le donne mbuti partoriscono da sole o con un'amica. Se la madre è sola, si accovaccia sulle anche o siede su un tronco. Se ritiene che ci possano essere delle difficoltà, si sdraia a terra, appoggiando i piedi contro un albero o contro i piedi di un'amica. I casi di parto difficile sono rarissimi: i piccoli vengono al mondo facilmente, accolti dalle mani della madre o di un'amica e immediatamente posti sul petto materno. Il cordone ombelicale non viene tagliato subito. Non esiste un momento preciso in cui effettuare il taglio: questo avviene dopo alcuni minuti o nel giro di un'ora. Il momento della nascita non è mai segnato da un pianto acuto e prolungato. Il neonato emette generalmente un paio di strilli e poi giace sul corpo della madre, esplora il suo corpo, ne sente l'odore e il calore, si attacca al suo seno. 


I bambini mbuti vengono al mondo accompagnati da una grande fiducia, la nascita è un meraviglioso viaggio che si conclude felicemente, in cui il bambino si sposta da un grembo a un altro assai simile al primo. Se la sua prima esperienza del mondo esterno glielo facesse apparire troppo dissimile dall'ambiente sicuro del grembo materno, la sua nascita sarebbe caratterizzata da un senso di incertezza e di timore. Questo 'modello educativo' viene uniformemente seguito anche dopo, nei passaggi successivi all'infanzia e all'adolescenza. Se la nascita fosse segnata dallo shock e dal timore e se la medesima insicurezza, la medesima necessità di affrontare l'ignoto si ripetesse periodicamente  durante tutte le fasi dell'esistenza, sarebbe legittimo pensare che la reazione di fronte a ogni situazione nuova non potrebbe essere che di timore, paura, ostilità, sospetto, aggressività. Gli Mbuti invece non hanno mai questo tipo di reazione. 
Perché mai un neonato mbuti dovrebbe imparare ad essere aggressivo, quando sta attaccato al petto di sua madre per un periodo anche più lungo di quello che ha passato in grembo, durante il quale la madre soddisfa tutte le sue necessità, proprio come accadeva prima della nascita? Certo, la nascita è avvenuta e con essa il distacco tra madre e figlio, ma le madri imbuti vivono questo distacco gradualmente, senza compromettere mai, nemmeno per un momento, la fiducia nella bontà complessiva della foresta-sfera-utero. Il fattore guida che regola costantemente il loro comportamento è questo: quando un neonato è posto di fronte a qualcosa di nuovo che non riesce a capire e reagisce piangendo, subito la madre se lo porta al seno, ripristinando la sensazione familiare di sicurezza e protezione.

fonte La politica della nonviolenza, Colin M. Turnbull, in Il buon selvaggio. Educare alla non aggressività, a cura di Ashley Montagu, 1999, Editrice A coop. sezione Elèuthera, Milano


sabato 12 maggio 2012

La nostra seconda pelle


Abbiamo portato Emma per la prima volta quando lei aveva 6 giorni. Abbiamo iniziato timidamente, non avendo alcuna esperienza, ma con tanta voglia di imparare. I primi 'esperimenti' sono andati bene: Emma  dormiva nella fascia e le sensazioni che io e il mio compagno provavamo portandola erano del tutto piacevoli.

Usare la fascia lunga non è stato immediato: 5 metri e mezzo di stoffa da avvolgerti addosso non sono così agevoli di primo impatto! E ovviamente non ti senti molto spigliato nel legarti tutta questa stoffa.

Così abbiamo iniziato a portare Emma per qualche ora al giorno, per abituarci e familiarizzare con l'uso: dopo circa due settimane portavo la piccola tutto il giorno e mi sentivo totalmente disinvolta nella legatura.Che meraviglia!! Io e Jacopo non faremmo più senza! Per ora stiamo utilizzando una fascia lunga elastica e ci troviamo davvero bene. 

La fascia per noi non è solo un comodissimo mezzo di trasporto: andiamo a fare la spesa da sole e io posso spingere il carrello senza problemi, andiamo a camminare nel bosco (certo sarebbe complicato andarci spingendo la carrozzina!).

Oltre a questo, portare è una scelta precisa: è un modo di stare insieme e di crescere nostra figlia. Contatto, calore, vicinanza è tutto ciò che vogliamo e possiamo offrire alla nostra piccola. E' meraviglioso poter rispondere in maniera istantanea ai bisogni di tua figlia e portarla è l'unico modo che ti permette di farlo, pur mantenendo una libertà di azione e di movimento quasi totale.
Ecco cosa rende per me la fascia insostituibile: poter fare una vita attiva, poter fare i lavori di casa, occuparmi dell'orto, fare la spesa, leggere, studiare, scrivere, tutto questo INSIEME a Emma. Stiamo insieme, ma Emma non è perennemente al centro dell'attenzione, semplicemente partecipa alla vita quotidiana.


lunedì 7 maggio 2012

Il momento della nascita è una storia a tre


Sì, una storia a tre, perché partorire insieme al mio compagno è stato il dono più grande. 
Io e Jacopo abbiamo vissuto insieme il travaglio: siamo stati un tutt'uno. Certo il parto in casa è stata la condizione fondamentale perché questo potesse verificarsi. Le ostetriche erano con noi, presenze silenziose nella penombra. 
La forza del mio travaglio, tre ore e mezza di energia sconvolgente, ci ha presi entrambi:


Jacopo ha respirato con me, mi ha sorretta, mi ha seguita, ha vissuto l'energia che mi passava attraverso, aiutandomi ad abbandonarmi ad essa. Durante le spinte, tra una contrazione e l'altra, cadevo assopita su di lui, per poi riemergere prima con il respiro e poi con tutto il corpo, stringendo le sue braccia. 

Anche quando c'è stato un momento d'allerta (il battito di Emma era rallentato, la situazione di stallo si stava prolungando e le mie spinte sembravano inefficienti) ho sentito che Jacopo c'era e insieme alle ostetriche bastava per gestire la situazione: non c'è stata in me  nessuna preoccupazione, solo la consapevolezza e l'impellenza fisica di 'lavorare' affinchè Emma nascesse. 

Poi l'ultima spinta ed ecco la piccola: non ci sono parole per dirlo...

Noi tre, insieme, questo primo viaggio si è concluso: siamo esausti e gonfi d'amore. 





venerdì 4 maggio 2012

Le mamme sanno già tutto, ma non lo sanno

Le mamme sanno già tutto, ma non lo sanno. Noi dobbiamo convincerle che loro sanno partorire e i loro neonati sanno nascere.     Lorenzo Braibanti, medico



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