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mercoledì 31 ottobre 2012

Il cesto dei tesori


Il cesto dei tesori di Emma è nato un po' per caso. Sin da quando era piccolissima mi è venuto spontaneo offrirle esperienze sensoriali diverse: detto così sembra chissacché, ma mi riferisco semplicemente a farle annusare un fiore o un rametto di menta,  sfiorale le mani o il viso con una stoffa, farle toccare l'erba del prato. Così quando Emma ha cominciato a stare da sola a terra, verso i 5 mesi, è stato naturale darle la possibilità di scoprire cose diverse che fossero alla sua portata. Abbiamo iniziato con un giornale da stropicciare e pezzetti di stoffa. Poi si sono aggiunti tanti altri oggetti che per comodità ho messo in un cesto. Ecco qua il cestino dei tesori! Solo allora, leggendo questo post di Claudia de La casa nella prateria, ho saputo che avevamo creato un cesto dei tesori!

Il cesto dei tesori, ideato da Elinor Goldschmied, è un gioco, o meglio un’esperienza, dedicata ai bimbi dai 6 ai 12 mesi circa, ossia da quando iniziano a stare seduti stabilmente a quando sviluppano l’interesse per la deambulazione.


L’esperienza del cestino dei tesori si sviluppa attraverso i sensi. L’uso del cestino dei tesori è uno dei modi per assicurare ai nostri bambini una ricca esperienza in una fase in cui il loro cervello è predisposto a ricevere, a sviluppare connessioni e a utilizzare le informazioni raccolte.  Si tratta propriamente di un cesto colmo di oggetti di varia natura, di uso quotidiano e non strutturati, ossia non giocattoli. La parola d’ordine è ‘varietà’. Il cestino infatti deve contenere oggetti d’uso comune che stimolino i 5 sensi e che siano i più diversi e vari per quanto riguarda forma, colore, peso, materiale, odore, sapore, consistenza , rumore, superficie…

Il bambino, seduto di fronte al cesto ha la  massima libertà di esplorare gli oggetti che preferisce: gli oggetti vengono afferrati, toccati, passati da una mano all'altra e portati alla bocca; esaurita l'esplorazione di un certo oggetto, il bambino ne sceglierà un altro. Il ruolo dell'adulto in questo gioco è quello del mero osservatore, la nostra presenza ha lo scopo di garantire serenità senza intervenire. Durante il gioco col cesto dei tesori i bambini dimostrano una grande capacità di concentrazione e coinvolgimento.
Il cesto di Emma è sempre in progress. Il contenuto varia a seconda dell'interesse e dei giorni che passano. 

Ecco alcune idee per il contenuto: conchiglie, grandi piume, una mela, una piccola spugna naturale, pietra pomice, tappi di sughero, nocciolo di avocado, un gomitolo di lana, un pezzetto di carta vetrata, vari campioni di stoffa (jeans, velluto, feltro…)  anelli di vario tipo legno, metallo, osso), un pennello da barba, un pennello per dipingere, scatoline, sonagli di vario genere, un portauovo, una palla da rammendo, cucchiai di varie misure, un piccolo imbuto, un pallina di carta stagnola,  catenelle di una certa lunghezza, pelle, lana, pelliccia, sacchetti di stoffa con fiori di: lavanda, rosmarino, timo, chiodi di garofano, mollette da bucato,  un'armonica, interno dei rotoli di carta igienica, maracas, pannocchia secca di mais, pallina di carta da forno, pigne, un colino...



Tutti questi oggetti offrono una enorme varietà di stimoli ai cinque sensi: al tatto, grazie alla diversa forma, consistenza, superficie e peso degli oggetti; all’olfatto, attraverso i vari odori dei materiali; all’udito, attraverso i rumori e i suoni diversi dati dalla manipolazione degli oggetti; alla vista, grazie al colore, alla forma e a tutte le caratteristiche specifiche degli oggetti; al gusto, attraverso tutti i sapori diversi dei materiali offerti.



giovedì 25 ottobre 2012

Io mi svezzo da sola: riflessioni ed evoluzioni


Il nostro svezzamento continua. Dopo un mese di assaggi e pappe ecco le nostre riflessioni in merito all'autosvezzamento. Credo che questa modalità sia perfetta come approccio generale al cibo, al cibo che c'è in tavola. Assaggiare tutto, maneggiare tutto: è un ottimo principio e uno stimolo per i genitori a portare in tavola solo prodotti sani. Ma alimentarsi è un'altra cosa. 

Alimentarsi significa avere cura nella scelta e nella preparazione dei cibi, a seconda delle nostre esigenze. L'alimentazione di un neonato ha determinate esigenze. E' vero che un neonato può e, secondo me, deve assaggiare tutto, ma è anche vero che se vogliamo proporre un pasto al nostro cucciolo, be' non possiamo  limitarci a qualche assaggio dal piatto di mamma e papà. 

L'alimentazione per me è cura. Cura di sé. Cura nella scelta degli alimenti, nella loro combinazione e preparazione. Credo che questa attenzione vada riportata anche nella proposta alimentare che facciamo ai nostri pargoli, a fianco del latte di mamma che continua a essere l'alimento principale e amato. Tritare la mia pasta al sugo o il mio farro integrale con verdure non rappresenta secondo me la giusta via verso l'alimentazione complementare. E' importante sapere ciò di cui un bimbo ha bisogno, ma anche ciò di cui non ha bisogno o addirittura può causare problemi. Troppo integrale o troppe verdure per esempio, apportano una quantità di fibre che non è tollerata da un piccolo corpicino di lattante e causa molto spesso stipsi o disordine intestinale (ne abbiamo le prove!!...) La fibra è assente nel latte materno: ecco un semplice indicatore che però dice molto. 

Questa ad ora è la nostra esperienza: Emma è sempre libera di assaggiare e manipolare il cibo che c'è in tavola. Io le propongo la pappa che attualmente consiste in brodo di verdure, cereale (farina di riso, farina di mais, quinoa...), olio extravergine e a volte legume (per ora lenticchie decorticate) oppure a volte parmigiano. Mela cotta a merenda, se le va. E latte, tanto tanto latte.

Questo post partecipa al blogstorming.


martedì 23 ottobre 2012

Linee guida per il ricorso al taglio cesareo: un passo verso l'assistenza alla nascita non medicalizzata



L'Istituto Superiore di Sanità ha pubblicato nel gennaio 2012 le nuove Linee guida in merito all'appropriatezza delle pratiche chirurgiche nell'assistenza alla nascita, ossia il ricorso al taglio cesareo durante il parto. 

In Italia si taglia troppo: il ricorso al taglio cesareo è frequentissimo, si è passati dall'11% del 1998 al 38% del 2008. Davvero tanto rispetto alla media europea che registra valori inferiori al 30% (15% in Olanda, ma si sa, l'Olanda è l'Olanda!...). L'Oms stima intorno al 10-15% la reale necessità di eseguire un taglio cesareo.   Perché allora si ricorre così spesso alla chirurgia?

Si tratta di un fenomeno molto complesso e per iniziare ad invertire questa tendenza bisognerebbe agire su più livelli: rivedere l'organizzazione dei punti nascita, disincentivare gli eccessi di medicalizzazione, formare gli operatori sanitari per modificarne i comportamenti, coinvolgere in un dibattito attivo le donne e le coppie che  stanno vivendo l'esperienza della maternità. 

La gravidanza non è una malattia. Il parto non è un evento che necessita di cure mediche: l'assistenza alla nascita non medicalizzata è un valore e come tale dovrebbe essere diffuso tra gli operatori. Il percorso di una  gravidanza fisiologica non può e non deve essere il medesimo di una gravidanza a rischio. 


La novità più grande che apportano le linee guida riguarda l'aver evidenziato come alcune pratiche che si effettuano nel corso dell'assistenza al travaglio possano rendere più o meno probabile il ricorso al taglio cesareo. Si può, ad esempio, rendere meno frequente il ricorso al taglio cesareo evitando l'induzione del travaglio prima delle 41 settimane, ma anche offrendo un  sostegno emotivo continuo durante il travaglio, riducendo così non solo la probabilità di taglio cesareo, ma anche quella di parto operativo, ventosa, o altri interventi medici tipo analgesia o anestesia. 

Questo apre uno spiraglio importante: tali riflessioni e buone pratiche dovrebbero essere diffuse, conosciute e applicate da più professionisti possibili in modo tale da  creare un clima di attenzione maggiore all'evento del parto nella sua fisiologia. 

Anche le donne e le coppie dovrebbero fare la propria parte: conoscere la fisiologia della gravidanza e del parto, informarsi per avere strumenti di orientamento e di consapevolezza, sapere che la maternità non è una malattia, ma una fase della propria vita, come la sessualità o l'allattamento, avere fiducia nelle capacità del proprio corpo di far fronte agli eventi che lo vedono protagonista.


giovedì 18 ottobre 2012

Leggere per...


Leggere per il piacere di farlo 


Leggere per – Un’iniziativa Equazioni.org per trasmettere e diffondere l’amore e l’importanza della lettura

lunedì 15 ottobre 2012

Cosleeping, la nostra scelta


Abbiamo dormito insieme dalla prima notte e continuiamo a farlo. Ora Emma ha il suo spazio, ossia il suo lettino, attaccato al nostro, tipo sidebed. Questa è stata la naturale evoluzione. Condividere il letto era infatti diventato scomodo per tutti, per cui abbiamo deciso di aumentare gli spazi senza rinunciare a dormire insieme. Emma dorme nel suo lettino, da quando ha 5 mesi circa, la prima parte della notte e poi rotola puntualmente nel nostro!

Dormire vicino al proprio piccolo è una scelta totalmente personale. Nel prendere questa scelta concorrono vari fattori, prima di tutto un fattore culturale. Nella nostra società a basso contatto, dove spesso si pratica la  separazione mamma-bambino, dormire vicino al proprio piccolo è considerato sbagliato e anche  dannoso, oltre che pericoloso. 


In tantissime culture nel mondo è esattamente l'opposto. E' assolutamente impensabile e sconsigliato dormire lontano dal proprio bambino. Il bed-sharing, ossia condividere il letto con il bambino, è praticato nel 90% delle popolazioni al mondo*.  Ecco alcuni dati dell'incidenza del cosleeping nel mondo: Italia 5%, Francia 9%, Svezia 25.9%, Germania 25%, Corea 88.2%, Giappone 59%, Inghilterra 65%, India 92%.**

Credo comunque che si di una scelta che ognuno debba prendere liberamente, sentendo cosa è meglio per sé e per il proprio bambino.


Noi abbiamo scelto di dormire vicini perché questo ci fa sentire bene. Dormire vicini è anche molto comodo per allattare o per gestire i risvegli notturni. 

Noi non potremmo fare altrimenti. E voi, dormite con i vostri bambini?

* Mosko S, McKenna J, Dickel M, Hunt L. Parent-infant co-sleeping: the appropriate context for the  study of infant sleep and implications for sudden infant death syndrome research. J Behav Med  1993;16:589-610.

** International Child Care Practices Study: infant sleeping environment. Nelson EA, Taylor BJ, Jenik A, [...] Department of Paediatrics, The Chinese University of Hong Kong, 6/F Clinical Science Building, Prince of Wales Hospital, Shatin, Hong Kong, People's Republic of China. tony-nelson@cuhk.edu.hk

Cosleeping sì o no: i pro e i contro del dormire insieme ad un bambino. A cura dell'Associazione Culturale Pediatri dell'Ovest



giovedì 11 ottobre 2012

Leggere per


Leggere per rinnovare le proprie passioni.


James Joyce, Ulisse, traduzione italiana a cura di G. de Angelis, Milano, Mondadori, 1991

Leggere per – Un’iniziativa Equazioni.org per trasmettere e diffondere l’amore e l’importanza della lettura.


mercoledì 10 ottobre 2012

Portare i piccoli: celebrating the International Babywearing week


In questi giorni si celebra la settimana internazionale del babywearing con tanti eventi in Italia e all'estero per promuovere e diffondere la pratica del portare i propri bambini.

Portare i propri piccoli per noi significa scegliere di stare loro vicino, di consentirgli di partecipare alla nostra vita, di coinvolgerli nelle attività quotidiane, di tenerli vicini.



Significa offrire contatto, calore e sicurezza. Significa far sì che i nostri corpi si scambino amore e vicinanza. 

Portare i propri piccoli significa muoversi comodamente e agevolmente insieme.




Portare i propri piccoli è una scelta che tutti possono condividere: mamme, papà, nonni, zii, amici. Tutti possono portare e tutti possono beneficiare dell'intenso interscambio tattile che si instaura tra portato e portatore.

Avete mai notato che quando qualcuno prova a portare il vostro cucciolo, non lo mollerebbe più? Portare fa stare bene, dà piacere a chi porta e immagino anche a chi è portato.




















Portare il proprio piccolo significa per mamma e bambino elaborare gradualmente il distacco  in una simbiosi che continua anche dopo il parto. 

Portare il proprio piccolo significa rispondere prontamente ai suoi bisogni, significa stabilire un rapporto di comprensione tattile, assai più efficace della comunicazione visiva e di quella verbale.



Portare i propri piccoli è anche faticoso. 

Portare i propri piccoli è una scelta di vita.

E voi portate o avete portato i vostri bambini? Cosa significa per voi portare?



giovedì 4 ottobre 2012

Leggere per

Leggere per approfondire.

L'arte dell'allattamento materno, a cura della Leche League.
Un libro a cui sono affezionata, un libro scritto da mamme per le mamme.

Leggere per – Un’iniziativa Equazioni.org per trasmettere e diffondere l’amore e l’importanza della lettura

mercoledì 3 ottobre 2012

Settimana per l'allattamento materno


La Settimana per l’Allattamento Materno SAM  è un appuntamento annuale,1-7 ottobre, dedicato a dare visibilità alle azioni di promozione dell’allattamento materno per sensibilizzare l’opinione pubblica e per creare un clima che favorisca e sostenga l'allattamento al seno.

Il tema della SAM, Comprendere il passato. Pianificare il futuro, è lanciato dalla World Alliance for Breastfeeding Action ossia Alleanza mondiale per interventi a favore dell’allattamento, un’alleanza globale di individui, reti ed organizzazioni che proteggono, promuovono e sostengono l’allattamento al seno.

Buon allattamento a tutte!


martedì 2 ottobre 2012

Io mi svezzo da sola



Ci sono moltissime recensioni sul web dell'illuminante libro del pediatra Lucio Piermarini, Io mi svezzo da solo. In questo libro Piermarini offre a genitori e operatori un messaggio molto semplice: lasciate fare ai bambini, date loro fiducia, tutti imparano a mangiare, tutti. 

Tutti abbiamo imparato a camminare e a parlare, e a nessuno è mai venuto in mente di dire: "hai 9 mesi, da oggi basta gattonare, si cammina!" oppure "hai 15 mesi, da oggi in poi dovrai parlare!", ma semplicemente ognuno di noi, attraverso un processo naturale e personalissimo, ha acquisito gradualmente queste abilità e le ha fatte proprie. 

Ecco la proposta illuminante di Piermarini: lasciare che i bambini siano liberi di sperimentare e di gestire il passaggio dall'alimentazione al seno all'alimentazione libera. Così come abbiamo allattato a richiesta, così offriremo un'alimentazione complementare a richiesta,  dando ai nostri bambini ciò che c'è nel nostro piatto. 

Bella scoperta! Sono certa che per millenni l'uomo abbia 'svezzato' in questo modo i suoi cuccioli. Infatti sono recentissimi l'introduzione e l'abuso degli alimenti speciali per l'infanzia, dalla metà del secolo scorso circa in poi. 
Ma prima come avveniva il passaggio all'alimentazione libera? Sicuramente attraverso piccoli assaggi sempre più consistenti delle pietanze presenti in tavola, in aggiunta ovviamente al seno di mamma. 

Certo offrire ciò che c'è in tavola ci pone una bella responsabilità: è sana ed equilibrata la nostra alimentazione? L'inizio dello svezzamento diventa quindi una buona occasione per rivedere il nostro stile di vita a tavola e nel caso in cui non lo fosse già, per indirizzarci verso un'alimentazione il più naturale, sana ed equilibrata possibile.

Tra la teoria e la pratica di tutti i giorni c'è una certa discrepanza, per cui personalmente sto operando in due modi. Emma è sempre a tavola con noi all'ora dei pasti e quasi sempre assaggia ciò che stiamo mangiando noi, ovviamente schiacciato con la forchetta o ridotto in minuscoli pezzettini. Se invece in tavola c'è qualcosa che proprio non è proponibile, preparo un pasto ad hoc per lei e congelo ciò che avanza in piccole porzioni (bicchierini da liquore) per l'occorrenza. 

Ecco in ordine sparso ciò che Emma ha semplicemente assaggiato o decisamente mangiato fin'ora:
zucchine, carote, riso e pappa di riso (ottenuta facendo cuocere a lungo il riso), zucca, passato di verdura mista, brodo di zuppa di legumi, taralli, piselli, lenticchie, mela, pesca, melone, cetriolo, cipolla, fico, albicocca.

Questo post partecipa al blogstorming.

lunedì 1 ottobre 2012

Contatto continuo e libertà tra i Fore della Nuova Guinea

http://jamesmorganphotography.co.uk/
In un  interessante saggio sui Fore della Nuova Guinea, l'antropologo Richard Sorenson descrive come i bambini più piccoli restino in contatto corporeo quasi continuo con la loro madre, i loro familiari o le compagne di lavoro. Il grembo materno è il centro della vita infantile e i piccoli se ne stanno lì a succhiare il latte, a dormire, e a giocare con il loro corpo o con quello della loro nutrice. Essi non vengono messi da parte nemmeno nello svolgimento delle varie attività, come la preparazione del cibo o il trasporto di oggetti . 

Restando a stretto e ininterrotto contatto fisico, i bisogni basilari dei piccoli - riposo, nutrimento, stimolazione e sicurezza - vengono prontamente soddisfatti. I bambini hanno una possibilità costante di interscambio tattile, dunque ben prima di poter parlare essi comunicano efficacemente bisogni, desideri e sentimenti alle persone che si occupano di loro tramite il tatto e il movimento fisico.

Questo costante linguaggio del contatto rende facile e immediata la soddisfazione dei loro bisogni. La comunicazione tattile anticipa la capacità di parlare e stabilisce un modello di rapporto umano che è alla base dello stile di vita fore.

Questo modello che Sorenson chiama 'sociosensuale' crea un rapporto molto intimo, dà vita a una sorta di 'sesto senso' che lega le persone. L'economia cooperativa, le relazioni umane di tipo consensuale e non aggressivo, l'ordine sociale egualitario che caratterizzano la società fore emergono dalla condizione iniziale di relazione tattile, in cui i bambini fore sono immersi

http://www.wwf.org.au/about_us/how_we_work/wwf_policies/child_protection/

Un altro fattore essenziale che caratterizza la prima infanzia fore è la totale libertà concessa al bambino di esplorare secondo la sua iniziativa e i suoi interessi. Quando i piccoli cominciano a muoversi essi sono lasciati totalmente liberi di esplorare gli oggetti che li attraggono. 
Sviluppandosi senza alcuna interferenza o sorveglianza, questa ricerca esplorativa personale si imbatte liberamente in tutto ciò che sta attorno al bambino, comprese asce coltelli, machete e fuoco. I bambini piccoli esplorano in maniera indipendente senza mai farsi male e anche questa abilità secondo Sorenson deriva dall'ambiente di stretta vicinanza fisica e di interazione tattile.

http://www.cafescicolorado.org/Tracer.htm
Essendo in contatto fisico costante con persone impegnate nei compiti quotidiani, i bambini sono circondati da continue possibilità di esperienza cinestetica. Elementi costitutivi di questo processo di apprendimento sono il tono muscolare, il movimento, l'atteggiamento; non l'istruzione formale.

L'attività esplorativa  dei piccoli comprende un frequente ritorno a una delle 'madri', che fungono da base domestica fonte di sicurezza e di incoraggiamento, ma mai di restrizione o di inidirizzamento dell'esplorazione. Questa 'base umama' non è esigente nè restrittiva, cosicchè i bambini non hanno alcun bisogno di scappare, come a volte capita nella nostra società. 

L'approccio non autoritario dei Fore all'allevamento dei bambini secondo Sorenson sorregge la loro esistenza pacifica, forgiando una personalità esplorativa e non repressa. 

Certo non abitiamo nella foresta della Nuova Guinea, ma credo sia possibile anche per noi ciò che i Fore praticano abitualmente: contatto continuo con i nostri bambini e libertà nella loro espressione e nel rispetto del naturale dispiegarsi della loro iniziativa e indipendenza.

fonte Cooperazione e libertà tra i Fore della Nuova Guinea, Richard Sorenson, in Il buon selvaggio. Educare alla non aggressività, a cura di Ashley Montagu, 1999, Editrice A coop. sezione Elèuthera, Milano



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